22 Mag Opposizione Avviso Addebito Inps – Corte D’appello Milano Sezione Lavoro N. 354 Del 14 Aprile 2017
1)Puo’ l’INPS iscrivere a ruolo un preteso credito previdenziale derivante da un accertamento fiscale dell’agenzia dell’entrate (per asserita mancata dichiarazione dei redditi di un consulente finanziario o lavoratore autonomo) in mancanza di un provvedimento non esecutivo e non definitivo?
l’INPS non può iscrivere a ruolo un credito previdenziale dipendente da un accertamento fiscale, senza essersi accertato, all’esito del giudizio in corso davanti le Commissioni tributarie, di una decisione esecutiva, definitiva a se favorevole emessa dal Giudice Tributario e passata in giudicato ( in conformità alla seguente giurisprudenza: Corte di Cassazione: n. 4032/2016; Corte d’Appello Milano sezione lavoro del 14 aprile 2017 inedita).
2)In pendenza di un giudizio di impugnazione dell’accertamento fiscale può l’Inps chiedere la sospensione, ex art. 295 c.p.c., dell’eventuale giudizio di impugnazione dell’avviso di addebito per crediti previdenziali dipendenti dal suddetto accertamento fiscale?
Il quadro legislativo di fondo che caratterizza la materia in questione è costituito dalla avvenuta introduzione dei c.d. ” accertamenti unificati” ad opera dei Decr. leg.vi n. 241 e n. 462 del 1997 ( quest’ultimo, significativamente intitolato ” Unificazione ai fini fiscali e contributivi delle procedure di liquidazione, riscossione e accertamento”). Piu’ specificatamente l’art. 10 del D.Lgs. n. 241 del 1997 ” determinazione dei contributi dovuti agli enti previdenziali”, prevede che ” i soggetti iscritti all’INPS per i propri con tributi previdenziali, ad eccezione dei coltivatori diretti, e quelli iscritti agli enti ed alle casse previdenziali individuati con decreto del Ministero delle finanze, di concerto con i Ministri del tesoro e del lavoro e della previdenza sociale, e all’INAIL devono determinare l’ammontare dei contributi e dei premi dovuti nella dichiarazione dei redditi. La determinazione del contributo dovuto deve essere effettuata sulla base degli imponibili stabiliti con riferimento ai redditi e ai volumi di affari dichiarati per l’anno al quale il contributo si riferisce…” L’art. 1 del D.Lgs. n. 462 del 1997 ” liquidazione, accertamento e riscossione dei contributi e premi dovuti agli enti previdenziali” prevede che ” per la liquidazione, l’accertamento e la riscossione dei contributi e dei premi previdenziali ed assistenziali che, ai sensi dell’art. 10 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241…. devono essere determinati nelle dichiarazioni dei redditi, si applicano le disposizioni previste in materia di imposte sui redditi”. Non solo ma in passato è stato pure previsto ( cfr. art. 32 bis D.L. n. 185/2008, conv. con modificazioni dalla legge n. 2/2009,) in capo alla Agenzia delle Entrate il diretto potere di iscrizione a ruolo delle somme determinate ai sensi del prec. D.Lgs. n. 462 del 1997, che risultavano dovute a titolo di contributi e premi, di interessi e sanzioni per ritardato o omesso versamento, fatte salve le vigenti disposizioni in tema di contenzioso e con la specificazione delle applicazione ai contributi e premi dovuti in base alle dichiarazioni relative al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2006 e successivi. La disposizione è stata,poi e opportunamente, abrogata con D.L. n. 70/2011, conv. con modifiche dalla legge n. 106/2011. Pertanto per i redditi dall’anno 1998 in poi l’Agenzia delle Entrate svolge una attività di controllo e accertamento sui dati denunciati dai contribuenti ( artigiani, commercianti; liberi professionisti iscritti alla c.d. Gestione Separata ex art. 2 legge n. 335/1995) con richiesta del pagamento dei contributi e premi omessi e/o evasi da trasmettere successivamente ai predetti Enti. Poi, in caso di mancato pagamento INPS, sulla base dei dati così ricevuti dalla Agenzia delle Entrate, procede al recupero di tali crediti dapprima con (a parte il periodo di vigenza del prec. art. 32 bis) la iscrizione a ruolo ai sensi del D.Lgs. n. 46/1999 degli stessi e, a fare tempo dal 1° gennaio 2011 ( cfr. art. 30 D.L. n. 78/2010, conv. con mod. con la legge n. 122/2010), con la emissione e notifica del c.d. avviso di addebito, avente efficacia di titolo esecutivo. Da detta normativa è scaturito, come nel caso di specie, un contenzioso giudiziario il piu’ delle volte ” sdoppiato” dal parallelo radicamento sia di un contenzioso tributario ( ovviamente di competenza della giurisdizione tributaria) sia di un contenzioso previdenziale/ contributivo ( ovviamente di competenza della giurisdizione ordinaria, in particolare quella del lavoro). Il tutto è complicato dalla circostanza di fondo che detti contenziosi, pur sostanzialmente traendo origine dal medesimo presupposto ( id est: accertamento della Amministrazione finanziaria) non solo si svolgono davanti ad autorità giudiziarie diverse ma hanno per protagonisti soggetti in parte diversi atteso che INPS non ha alcuna legittimazione passiva in ordine al contenzioso tributario e, viceversa, l’Amministrazione finanziaria non ha alcun titolo ed interesse a partecipare al contenzioso previdenziale/ contributivo. Tutto ciò sta determinando non pochi e non facili problemi di coordinamento tra i due contenziosi. Proprio la diversità di soggetti che sono parti necessarie di detti giudizi sembra escludere che il giudicato formatosi nel contenzioso tributario ( che è quello che si instaura per primo, attesi i tempi di trasmissione dei dati dell’accertamento tributario ad INPS con i successivi adempimenti di detto Istituto volti ad ottenere il pagamento della somma conseguente all’accertamento fiscale ) possa produrre effetti nel diverso contenzioso previdenziale/ contributivo posto che, ai sensi dell’art. 2909 c.c., la sentenza passata in giudicato fa stato solo fra le parti, i loro eredi ed aventi causa, con la conseguenza che i suoi effetti non si estendono e non sono vincolanti per il terzo rimasto estraneo al procedimento giudiziale conclusosi con la emanazione di detta sentenza ( cfr., tra le ultime, Cass. n. 24165/2013). E non sembra essere dubbio che INPS è soggetto terzo ed estraneo rispetto a detto contenzioso tributario, senza alcuna legittimazione ad intervenire in detto contenzioso, al punto tale che INPS neppure viene a conoscere della esistenza di detto contenzioso posto che il ricorso tributario non va comunicato a detto istituto, neppure ai fini di semplice notizia in ordine all’avvenuta impugnazione giudiziale dell’accertamento fiscale. E’ vero che è stata affermata la c.d. efficacia riflessa del giudicato nei confronti del terzo rimasto estraneo al processo quanto la sentenza, passata in giudicato, contiene l’affermazione di una verità che non ammette un diverso accertamento ed il terzo non vanti un diritto autonomo rispetto a quella su cui il giudicato è intervenuto ( cfr., tra le altre, Cass. n. 22908/2013). Ma anche tale principio non appare applicabile atteso che non è dato comprendere come INPS ( che vanta una specifica e propria pretesa creditoria, ben distinta ed autonoma da quella vantata, sia pure nei confronti del medesimo soggetto, dalla Agenzia delle Entrate) si possa definire soggetto terzo che non vanta un diritto autonomo rispetto a quello su cui il giudicato tributario è intervenuto. Si può, al piu’, ammettere che la sentenza passata in giudicato nel contenzioso tributario possa acquisire rilevanza di elemento di prova documentale nel diverso contenzioso previdenziale/ contributivo, con potere dell’a.g.o. di libera valutazione della stessa, anche in relazione con gli altri elementi probatori acquisiti in causa ( cfr., tra le altre, Cass. n. 19492/2007; Cons. Stato n. 2153/2013). Tali considerazioni consentono di escludere che la pendenza del contenzioso tributario possa determinare la necessità di sospendere il contenzioso previdenziale/ contributivo ai sensi dell’art. 295 c.p.c. anche alla luce del rigore con cui viene interpretata detta norma. E’ affermazione consolidata, infatti, quella secondo la quale la sospensione necessaria del processo deve essere disposta solo quando la decisione del medesimo ” dipenda” dall’esito di un’altra causa, e cioè quando la pronuncia da prendersi in detta altra causa abbia portata pregiudiziale in senso stretto, essendo idonea a spiegare effetti vincolanti, con l’autorità propria del giudicato sostanziale, in quanto suscettibile di definire, in tutto o in parte, il tema del dibattito del giudizio da sospendere (cfr., tra l’altro, Cass. n. 178/2008; Cass. n. 16995/2007; Corte d’Appello di Milano sezione lavoro del 14 aprile 2017 inedita). Appunto, per le ragioni sopra sinteticamente dette, va esclusa l’efficacia del giudicato, nel contenzioso previdenziale/ contributivo, della decisione che definisce il giudizio tributario.
Un intervento della giurisprudenza di legittimità si è, invece, registrato con riferimento ad un’altra questione, sempre strettamente attinente al sistema dei c.d. accertamenti unificati, vale a dire quello della idoneità dell’accertamento fiscale, regolarmente portato a conoscenza del contribuente, ad interrompere il decorso del decorso della prescrizione afferente il credito previdenziale correlato. Con la recente sentenza n. 17769 del 2015 la Corte di Cassazione ha affermato la idoneità di detto accertamento ad interrompere il decorso della prescrizione anche a favore di INPS. Ha fondato detta conclusione richiamando quanto espressamente previsto dal sopra ricordato D.Lgs. n. 462 del 1997 evidenziando che si è in presenza di un sistema di accertamento, liquidazione e riscossione comune ai due rapporti, quello tributario e quello previdenziale, con la conseguenza che la notifica dell’accertamento effettuata dalla Amministrazione finanziaria incide, ai fini della interruzione del decorso della prescrizione, di entrambi i rapporti. Si tratta di una conclusione che,però, presta il fianco alla osservazione critica che pare pretermettere il principio, consolidato, secondo il quale l’atto idoneo ad interrompere il decorso della prescrizione deve provenire dal soggetto titolare del diritto ( cfr., tra le altre, Cass. n. 17849/2009; Cass. n. 29479/2008), salvo il caso in cui il terzo agisca per mandato del titolare ( cfr. Cass. n. 13958/2002) che non si ravvisa nel caso di specie non vedendosi, sulla base del combinato disposto dei Decr. leg.vi n. 241 e 462 del 1997, coma possa dirsi che l’Amministrazione finanziaria agisce su mandato dell’Ente previdenziale, atteso che sulla base di detta normativa l’A.F. si limita a quantificare l’importo dei contributi dovuti, essendo,poi, compito dell’Ente previdenziale, in caso di mancato pagamento, quello di procedere alla riscossione di quanto asseritamente dovuto.